Federlab si costituirà ad opponendum nei confronti dell’adozione, da parte della struttura commissariale della Regione Calabria, del decreto concernente l’ipotesi di applicazione della legge del 6 agosto 2006 numero 133 recante l’obbligo, per i laboratori di analisi, di adottare il criterio, come requisito di accreditamento, della soglia minima di efficienza, ovvero di produrre prestazioni di laboratorio per un volume superiore alle 200mila prestazioni annue.
L’adozione sopraggiunge improvvisa ed inopportuna in quanto modifica il precedente decreto in materia di riorganizzazione della rete, concordata tra l’altro, con le principali organizzazioni di categoria, ove era prevista la possibilità di costituire reti-contratto lasciando ai piccoli laboratori la possibilità di erogare alcune residuali prestazioni analitiche di base in loco salvo servirsi, per le rimanenti prestazioni, di un laboratorio hub ove accentrare l’attività analitica.
La struttura commissariale pare non tener in alcun conto quanto ogni singolo laboratorio ha già fatto per adeguarsi ai requisiti minimi ed ulteriori di accreditamento e della necessità di garantire, su di un territorio orograficamente disagiato come la regione Calabria, almeno l’erogazione degli esami urgenti ed indifferibili presso la rete dei laboratori privati accreditati, favorendo così l’accessibilità alle prestazioni da parte dell’utenza.
Occorre inoltre garantire alle strutture il mantenimento del codice regionale affinché sia fatta salva la proprietà delle strutture medesime, che non si annichiliscono nella struttura consortile e/o di rete, e la possibilità che queste ultime, raggiunta eventualmente la soglia minima di efficienza, possano rendersi autonome rispetto agli aggregati ai quali hanno aderito, nonché possano liberamente uscire dagli aggregati stessi, oltre a poter utilizzare il codice regionale per la consegna dei referti su propria carta intestata.
Inoltre, pur nel generale disinteresse, FederLab è impegnata a rintuzzare un ulteriore mortale pericolo per l’intera categoria, ovvero il tentativo del Ministero della Salute riguardante l’adozione di un tariffario “ponte” che prevede un ulteriore abbattimento del 15% delle attuali tariffe di remunerazione per le prestazioni di laboratorio.
L’adozione di tale tariffario renderebbe, tra l’altro, completamente inutile, ai fini della sopravvivenza delle strutture, finanche la realizzazione delle aggregazioni così come previste dalla suindicata legge diventando il limite di 200mila prestazioni, del tutto insufficiente per garantire la redditività delle strutture con tariffe di remunerazione ulteriormente decurtate.
A proposito del tariffario “ponte”, l’accesso, per il momento parziale, ai dati utilizzati dal Ministero già consente a Federlab di affermare che da una prima analisi dei dati medesimi, le tariffe offerte dal Ministero sono sottostimate (costo medio: 2,30 euro/esame) rispetto a quelle rilevate sulla struttura pubblica identificata (costo medio: 2,50 euro/esame), vale a dire quella di Pievesestina (Forlì-Cesena ), che produce ben 11 milioni di prestazioni annue e quindi è incongrua e inadeguata rispetto alla rilevazione dei costi di produzione di strutture che hanno una storia di un volume di prestazioni erogabili maggiore di 200mila all’anno.
Da tutto questo si evince la necessità di una complessiva rielaborazione dei provvedimenti legislativi riguardanti la riorganizzazione della rete nonché l’imposizione al Ministero della corretta rilevazione dei costi di produzione ai fini della determinazione di congrue tariffe di pagamento delle prestazioni medesime.
Occorre attivare, anche in sede di Conferenza Stato Regioni, un apposito tavolo tecnico con la partecipazione delle associazioni di categoria maggiormente rappresentative che già fanno parte della commissione tariffe insediata presso il Ministero della Salute (e tuttora scarsamente operativa), istituita ai sensi e per effetto dell’emendamento D’Anna poi recepito dal “Patto del Salute”.