L’esaurimento delle risorse che impone il pagamento diretto.
Nel 2017 budget saltati dopo 7 mesi
II nuovo piano ospedaliere da poco approvato, le cui novità per la provincia sono state presentate l’altro giorno, con il recupero di 250 posti letto, la riapertura di 5 ospedali, un piano di investimenti di edilizia sanitaria da mezzo miliardo, assorbiti in larga misura dalla creazione di un Ruggi ex novo, non fanno dimenticare il biennio di sofferenze dei tanti salernitani alle prese con gli sforamenti dei tetti di spesa, la necessità di curarsi e l’esigenza di fare i conti con il portafogli. Nonostante l’annuncio di una possibile chiusura di un accordo per i contratti biennali con l’ospedalità privata entro la prossima settimana e l’abolizione del ticket regionale da 10 euro sulle ricette per le prestazioni specialistiche entro il tetto di spesa di 56,15 euro, che fornisce in ogni caso una boccata d’ossigeno, resta ancora aperta la partita relativa alla enorme richiesta di esami di laboratorio e di radiodiagnostica, così come di visite specialistiche ambulatoriali, che negli ultimi anni ha portato ad anticipati sforamenti dei budget assegnati con la sanità pubblica accreditata e costretto tanti utenti a rimandare i controlli. Lo sanno bene soprattutto le persone più anziane, il plotone più numeroso e più colpito dalla tagliola. Gli anziani salernitani, infatti, rappresentano un esercito di oltre 200 mila persone, il 20 per cento della popolazione che vive in provincia. Di questi, circa 20 mila, necessitano di assistenza a vario titolo, sia quella sanitaria che sociale. Altri 20 mila, quasi 1 su 4 degli over 65enni residenti in provincia, inoltre, vivono da soli. In molti casi sono alle prese con una pensione al disotto dei 500 euro al mese e la condizione di potenziale disagio coinvolge anche il 3 per cento delle famiglie salernitane nell’assistenza, per la presenza di soli componenti ultrasessantacinquenni e almeno un componente di 80 anni e più. Per queste persone, quindi, l’esaurimento dei tetti di spesa per le prestazioni sanitarie in regime convenzionato diventa un vero problema. Ad essere più colpiti, infatti, sono soprattutto le fasce più deboli, da ricercare soprattutto tra gli esenti e gli anziani, che spesso sono costretti a effettuare gli esami più strettamente necessari e a rimandare gli altri all’inizio del nuovo anno. L’ ultimo alt dell’Asl, lo scorso anno, è giunto il 20 novembre agli esami di sangue e urine in regime convenzionato, andandosi ad aggiungere a quello già arrivato da tempo per la branca cardiologica, partito addirittura in estate, e quella della radiodiagnostica. Il budget per tutte le branche della specialistica ambulatoriale, in ogni caso, era già scaduto il 31 agosto scorso. Ad essere più colpita dagli sforamenti è stata soprattutto la branca cardiologica, dove si è registrata la contrazione delle prestazioni più consistente, che in alcuni casi ha raggiunto anche il 70 per cento, nonostante alcuni centri, per venire incontro alle esigenze dei pazienti, abbiano applicato anche particolari sconti, riuscendo a offrire, così, singole prestazioni a un costo a volte più basso rispetto alla sanità pubblica. Discorso analogo anche per gli esami radiologici. Servizi particolarmente sentiti dagli utenti, come testimoniato anche dai 6,2 milioni di prestazioni offerte dai centri della provincia. Qui, come già avvenuto nel 2016, si è registrato, mediamente, un calo di un terzo delle prestazioni, determinato prevalentemente tra gli esami più costosi, come risonanze magnetiche e Tac. Situazione diversa, invece, per le radiografie, per le quali i costi sono più contenuti e non sono troppo distanti, in diversi casi, dall’offerta pubblica. Una situazione non tanto diversa da quella registrata anche nel 2016, quando le proiezioni raccontavano di date di sforamento che andavano da quella del 20 agosto per la radioterapia al 6 dicembre per i laboratori di analisi, per il quale a luglio era stato già utilizzato il 65 per cento di 18 milioni di tetto di spesa. Quella della radioterapia, però, non fu l’unica branca per la quale il limite era stato raggiunto a luglio. Anche per la cardiologia, infatti, il termine era scaduto il 15 settembre, così come il 5 ottobre era toccato alla medicina nucleare. Il 20 ottobre fu il turno delle visite specialistiche ambulatoriali, qualche giorno in più, invece, per radiologia.